
Quando partì il “governo del cambiamento”, scrivemmo che era legittimo, visto che univa i due vincitori (parziali) dalle elezioni e rappresentava – diversamente dai quattro precedenti – la maggioranza degli italiani. Oltretutto era l’unico governo possibile, dopo il (sacrosanto) rifiuto dei 5Stelle di allearsi con B. e il (demenziale) diniego del Pd, cioè di Renzi, di rinnovarsi profondamente e di dialogare con loro su pochi punti per un’intesa a tempo (la soluzione più auspicabile dopo il 4 marzo). L’unica alternativa erano elezioni subito, dall’esito scontato e terrificante: vittoria del centrodestra a trazione leghista e governo Salvini con B. riabilitato e dunque ministro, magari della Giustizia.
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