Sindrome Spelacchio di Marco Travaglio





A furia di sentirlo ripetere, ci eravamo quasi convinti che Di Maio fosse teleguidato da Grillo e dunque, per la proprietà transitiva, lo fosse anche Conte per interposto Di Maio: una specie di telecomandato al quadrato, oppure al cubo se è vero che il premier è a sua volta burattinato da Casalino, o alla quarta potenza se si dà retta a chi lo dipinge pure come una marionetta del puparo Casaleggio. Ieri però, senza che vi fossimo preparati, ci è crollato addosso tutto il teatro dei pupi: è stato quando abbiamo appreso, dalla fertile fantasia di Jacopo Iacoboni de La Stampa, che Grillo è stato brutalmente “messo da parte” da Di Maio, protagonista di “un caso da manuale di ingratitudine politica”. È bastato che Di Maio facesse il suo mestiere di ministro del Lavoro, tentando di conciliare lavoro, salute e ambiente all’Ilva di Taranto e definendo “opinione personale” il sogno dell’utopista-fondatore di riconvertire l’area a parco ambientale sul modello della Ruhr, per concludere che “Grillo è come se non ci fosse più”, mentre con Casaleggio “non c’è empatia”. E tutto questo è molto brutto.

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Pubblicato il: 11 Giugno 2018

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