Sarti per signore di Marco Travaglio





 Questa è la prima e spero l’ultima volta che scrivo del “caso” di Giulia Sarti, che dopo le sue dimissioni dalla commissione Giustizia non è più né politico, né giudiziario, né morale: è soltanto una vomitevole schifezza che nasce dalla diffusione in rete di video e immagini intime senza il consenso dell’interessata nella forma più infame: quella del revenge porn, cioè della porno-vendetta che ha già portato al suicidio Tiziana Cantone e altre povere ragazze, e che contro la Sarti assume dimensioni ancor più mostruose per la notorietà del personaggio, la sua appartenenza alla forza politica più invisa al sistema e il conseguente surplus di morbosità dei media.Nel Paese in cui i garanti della Privacy evocavano la riservatezza anche quando un presidente del Consiglio pagava prostitute minorenni dopo aver comprato o fatto comprare finanzieri, giudici, sentenze, testimoni e senatori, accade che le sue tv diventino il megafono di possibili o probabili ricatti contro la Sarti, nella beata impotenza del cosiddetto Garante della Privacy (fervorini a parte).Nel Paese in cui bastava un attacco social al presidente della Repubblica (“dimettiti”: terribile) per mobilitare le Procure e l’Antiterrorismo, o un insulto via web alla presidenta della Camera per proclamare lo stato d’emergenza e scomodare la Polizia postale, da giorni e giorni migliaia di giornalisti, politici e altri addetti ai lavori e ai livori ricevono da gruppi social foto e filmati sui momenti più intimi della vita della deputata. E non accade nulla, perché nulla si può fare: neppure dopo un eventuale processo con eventuali condanne.Intanto, in tv capita pure di sentir dire che, certo, è roba brutta, ma in fondo questi grillini se la sono cercata, perché chi di web ferisce di web perisce (come se l’email e WhatsApp li avesse inventati Casaleggio e la piattaforma Rousseau servisse a raccogliere filmini hard sugli amplessi degli avversari).Così si continua a parlarne, aumentando il danno e il prezzo del ricatto, con la scusa di ragioni politiche, giudiziarie e morali che non esistono più da un mese: la Sarti s’è dimessa dalla commissione Giustizia (atto doveroso, essendo ricattata o ricattabile) ed è stata deferita ai probiviri M5S che dovranno decidere sull’eventuale espulsione per un paio di bonifici ritirati (non si sa se da lei o dall’ex fidanzato che aveva accesso ai suoi conti).Ovviamente la deputata ha sbagliato a fidarsi di chi non lo meritava e ora lancia oscuri messaggi dagli studi moralizzatori delle Iene (a proposito: a quando una bella puntatona sugli amori trentennali fra B. e i boss di Cosa Nostra, magari con qualche video hard di fonte interna?).Ha sbagliato a non effettuare o almeno verificare i versamenti al fondo per il microcredito che i parlamentari M5S sono tenuti a finanziare con una parte dei loro stipendi.

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Pubblicato il: 14 Marzo 2019

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