Osteoporosi: Nuove raccomandazioni su impiego dei farmaci, durata e monitoraggio





L’osteoporosi è una malattia silente caratterizzata da una progressiva riduzione della massa ossea che è in grado di determinare fragilità scheletrica con aumento del rischio di fratture. Le complicanze maggiori sono quelle relative a fratture della colonna vertebrale, della testa e del collo del femore e del polso. Tali eventi possono determinare ricoveri prolungati o dolore cronico associato a disabilità con pesanti sequele psicologiche e spesso anche la morte. La pubblicazione sugli Annals of Internal Medicine delle linee guida  dell’American College of Physician sul trattamento dell’osteoporosi 2017 (1) fornisce ai medici un aggiornamento e modifiche delle precedenti (2), su identificazione dei casi, impiego dei farmaci, durata e monitoraggio del trattamento. I fattori di rischio per fratture osteoporotiche comprendono: l’età, il sesso femminile, la postmenopausa per le donne, ipogonadismo o insufficienza ovarica prematura, il basso peso corporeo, la storia di frattura dell’anca dei genitori, l’origine etnica (rischio maggiore della razza bianca), precedente frattura vertebrale clinica o morfometrica, precedente frattura a causa di traumi minimi (frattura da osteoporosi), l’artrite reumatoide, il fumo, l’assunzione di alcol, la bassa densità minerale ossea (BMD), la carenza di vitamina D, basso apporto di calcio, ipercifosi, le cadute e l’immobilizzazione. Un altro fattore di rischio per frattura osteoporotica è l’uso a lungo termine di alcuni farmaci: i glucocorticoidi sono più comunemente implicati, seguono anticoagulanti, anticonvulsivanti, inibitori dell’aromatasi, farmaci chemioterapici oncologici e agonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine La diagnosi di osteoporosi può essere fatta in presenza di fratture patologiche o per bassi valori di densitometria ossea (BMD), il test gold standard attuale per la diagnosi di osteoporosi in soggetti senza una frattura osteoporotica.

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Pubblicato il: 14 Agosto 2017

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