Maschio, quarantenne, del Nord: ecco il profilo del lavoratore "smart"





Cresce il lavoro “intelligente” nelle grandi imprese, coinvolte in trenta casi su cento in progetti di smart working (raddoppiate praticamente dal 17% dell’anno scorso). Guardando al solo lavoro subordinato, gli Smart Workers italiani – ossia quei lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati – sono già 250 mila, circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti, cresciuti del 40% rispetto al 2013. A delineare il quadro è la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentato questa mattina al convegno “Smart Work in progress”. Il lavoratore ‘smart’ tipo è un uomo (nel 69% dei casi) con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52% dei casi, solo nel 38% nel Centro e nel 10% al Sud) e rileva benefici nello sviluppo professionale, nelle prestazioni lavorative e nel work-life balance rispetto ai lavoratori che operano secondo modalità tradizionali. E anche le imprese vanno nella stessa direzione. Ben il 30% delle grandi imprese nel 2016 ha infatti realizzato progetti strutturati di Smart Working, con una crescita significativa rispetto al 17% dello scorso anno, a cui si aggiunge l’11% che dichiara di lavorare secondo modalità ‘agili’, pur senza aver introdotto un progetto sistematico.

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Pubblicato il: 14 Ottobre 2016

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