“Antropocene” è il termine coniato dal chimico olandese Paul Crutzen negli anni ottanta per descrivere l’era geologica attuale, in cui l’uomo e le sue attività sono le principali fautrici delle modifiche territoriali e climatiche della Terra.È il neologismo, dunque, che definisce l’epoca in cui viviamo, caratterizzata dal massiccio impatto dell’uomo sul pianeta.Un impatto che resterà nel registro geologico a lungo, anche dopo che le nostre città saranno ridotte ad ammassi di rovine.Un giorno Crutzen, vincitore del premio Nobel grazie alle scoperte sulla decomposizione dello strato dell’ozono, partecipava a un convegno scientifico.Il relatore continuava a riferirsi all’Olocene, l’epoca iniziata alla fine dell’ultima glaciazione, 11.500 anni fa, e ancora in corso, almeno ufficialmente.Come racconta lo stesso scienziato, ad un certo punto della conferenza, ricorda di non essere riuscito a trattenersi: «Basta, dissi, non siamo più nell’Olocene, siamo entrati nell’Antropocene. In sala calò il silenzio». Nella successiva pausa caffè, i congressisti non parlavano d’altro. Ci fu chi suggerì a Crutzen di brevettare il suo neologismo. La ratifica dei geologi a convegnoIn occasione della riunione annuale dell’American Geophysical Union tenutasi all’inizio del dicembre 2012, i geologi si sono concentrati proprio sul neologismo coniato da Crutzen, per definirne i confini e le caratteristiche. Nonostante il drammatico ed evidente impatto dell’umanità sul pianeta, la descrizione di questa nuova era geologica si è dimostrata un compito tutt’altro che facile.“Per considerare l’Antropocene come un periodo geologico, esso deve essere distinguibile nella successione delle varie ere”, spiega Anthony Brown, ricercatore presso l’University of Southampton in Inghilterra.“Questo perchè la geologia guarda al passato profondo della Terra, esaminando periodi geologici tra le migliaia e i milioni di anni fa.
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