Immaginate la scena. Dovendosi nominare il nuovo procuratore di Milano, il governo Berlusconi schiera il capo di gabinetto del suo ministro della Giustizia. E il Csm, anziché scartare la candidatura per evidenti motivi di opportunità e decenza, la prende sul serio, al punto che il magistrato che va a braccetto col ministro è uno dei candidati più accreditati per succedere a Borrelli, D’Ambrosio, Minale e Bruti Liberati. Ce ne sarebbe abbastanza per far gridare all’occupazione politica della Procura più cruciale d’Italia. E lanciare appelli, manifestazioni, proteste in difesa dell’indipendenza della magistratura. Invece si dà il caso che, a candidarsi a procuratore di Milano, sia il capo di gabinetto del Guardasigilli del governo Renzi, l’ex pm napoletano Giovanni Melillo: ottima persona e valente pm napoletano, per carità, se non fosse che nel ’99 fu distaccato fuori ruolo per lavorare al Quirinale con Ciampi e dal 2014 ha di nuovo smesso la toga per collaborare col ministro Andrea Orlando
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