
All’inizio era una donna da sola, di nome Troffea: appena messo piede fuori dalla sua abitazione aveva iniziato a ballare sotto il sole cocente di metà luglio. Un ballo irrefrenabile, continuo, durante il quale si concedeva solo rare pause per bere o mangiare qualcosa; salvo poi ricominciare e proseguire tutto il giorno e tutta la notte. Incurante della fatica, del sudore che impregnava i vestiti e delle ferite sui piedi, la danza di questa donna proseguiva giorno dopo giorno. Imitata dapprima da qualche sparuto concittadino, il ballo non accennava a fermarsi e attraeva sempre più persone.
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