Iron Fist: la recensione del pilot della serie Marvel/Netflix





Alla fine è arrivato anche Iron Fist, il quarto e ultimo dei componenti del futuro team dei Defenders, ed è arrivato sull’onda di un mare di polemiche e critiche. Le polemiche sono state relative ad un presunto “whitewashing” abbastanza bizzarro, visto che il personaggio originale di Danny Rand è stato sempre bianco, quindi non si capisce la ratio della polemica, mentre le critiche sono arrivate abbastanza corpose da parte dei media americani che, avendo visto i primi sei episodi, hanno espresso parere negativo sullo show. La mia recensione, in questo caso, si ferma alla singola introduzione, quindi non posso sbilanciarmi ancora su quanto avverrà dopo e su come verrà sviluppato (avremo tempo per quello nella recensione globale), quindi non posso dire ancora se i media americani avessero ragione o meno; quello che posso dire io, in questa recensione, è che l’introduzione di questo personaggio e dello show, rimanendo in linea con il classico stile di quanto visto nelle produzioni Marvel/Netflix finora, non è stata negativa, anzi. Certo, si può parlare anche, ad un certo livello, di effetto ripetitività, visto che siamo alla quarta introduzione di un personaggio/show in questo universo, e bisogna ammettere che la quarta serie consecutiva che costruisce una mitologia comune può essere stancante, specie in un periodo in cui assistiamo a quella meraviglia di Legion, sempre ambientata nel mondo Marvel, ma questo non può essere l’unico metro di giudizio. Iron Fist, approccio simile ma diverso Perché se prima abbiamo detto che il canone Marvel/Netflix viene rispettato, con la presenza di un protagonista dotato di abilità sorprendenti e uno o più villain invece che sono parte integrante della commistione business/criminalità newyorchese, in Iron Fist ci sono anche alcuni caratteri distintivi.

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Pubblicato il: 20 Marzo 2017

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