Il mito del Sassicaia compie 50 anni: così ha cambiato la storia del vino italiano





I 50 anni del Sassicaia. Aveva sogni e passioni il giovane marchese Mario Incisa della Rocchetta quando, tornando dalla Grande Guerra dove aveva prestato servizio in cavalleria, decise di iscriversi alla facoltà di Agraria di Pisa; qui tra i libri e i banchi si formò le conoscenze che gli sarebbero servite per gestire le terre di famiglia. Nelle sue vene il sangue nobile di origine piemontese, di madre romana discendente della famiglia Chigi, è mescolato al vino per tradizione familiare paterna. Intesse gli studi universitari con gli appunti del nonno paterno, Leopoldo, che già nel 1862, dopo aver approfondito la viticoltura, aveva pubblicato il testo di ampelografia “Descrizione dal vero di 105 varietà di uve, parte indigene e parte di origine straniere”, nonché collezionista nel suo castello a Rocchetta Tanaro di 175 varietà di viti in vaso. Mosso dalla passione per la natura e il diletto di cavalcare, soleva indugiare in lunghe passeggiate in sella nella tenuta di San Rossore, dove ebbe luogo di consolidare rapporti di amicizia con i conti della Gherardesca e i duchi Salviati.Serbava nel cassetto il sogno di un vino toscano che ricordasse le bottiglie di Bordeaux, un vino che nascesse nelle sue terre di lavoro e portasse con sé l’immaginario dell’aristocrazione di quei tempi: un bordolese di Maremma, quello che Daniele Cernilli, nel corso della degustazione guidata con la quale sono stati festeggiati i primi 50 anni del Sassicaia, ha raccontato come “vino nato da un progetto e non da una tradizione”

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Pubblicato il: 7 Maggio 2018

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