
Taormina non vuole i trentotto migranti che le assegna il piano di ripartizione studiato dal governo. Trentotto sono pochi, per di più destinati alla periferia, come racconta Felice Cavallaro su Corriere.it. Il sindaco e gli albergatori ci tengono però a precisare che la loro resistenza non è dettata dal razzismo, ma dall’incompatibilità ambientale. Proviamo a tradurre l’ardito neologismo: per non rovinare l’immagine appena rilucidata con i soldi del G7, i profughi brutti, sporchi e potenzialmente cattivi vanno mandati in località più compatibili, cioè meno turistiche. Sarebbe interessante che il sindaco andasse a dirlo di persona ai colleghi di Giarre, Licata e Acireale, ciascuno dei quali giustamente convinto di vivere nel posto più bello del mondo: prendeteveli pure voi i nostri scarti, noi siamo Taormina e ci teniamo la crème. Diventa difficile pretendere dall’Europa quella solidarietà che ci rifiutiamo di applicare tra italiani.La Taormina ribelle cavalca però lo spirito del tempo
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