Riparare ossa fratturate o colpite da osteoporosi iniettando sostanze che fungono da “mattoncini” per ricostituire tessuto osseo sano dove questo si è deteriorato. Oggi è possibile grazie un nuovo metodo, chiamato Soib: nato da un’idea di Rinaldo Giancola, primario ortopedico dell’ospedale San Carlo Borromeo di Milano (nonché presidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia geriatrica) e messo a punto grazie alla collaborazione con un team di bioingegneri italiani.Consiste in una speciale vite che si inserisce con un piccolo intervento chirurgico non invasivo (un taglio di tre centimetri): il dispositivo è costituito da una cannula forata che si colloca dove occorre risanare un osso compromesso o in necrosi, vuoto e estremamente fragile; con un iniettore la vite diventa un veicolo per la somministrazione di farmaci e fluidi che ricostituiscono il tessuto scheletrico. Prime indicazioni: stabilizzazione delle fratture del femore e rigenerazione ossea nei pazienti ai quali non è possibile impiantare una protesi.Ogni anno in Italia 90 mila persone subiscono la frattura del femore (l’osso che si inserisce nell’anca). Per tre quarti sono donne, affette da osteoporosi: la malattia provoca la rottura anche di vertebre, polsi, caviglie, gomiti e attualmente è una delle cause di morte che colpisce, nelle over 50, con la stessa frequenza di infarto e tumore al seno. “L’incidenza dei decessi post chirurgici a un anno dall’intervento per la rottura del femore è del 25-30 per cento” dice Giancola.
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